daria esposito85 Ven Mag 14, 2010 11:58 pm
Cappucci – Il corpo tecnologico –
Non si tratta più di usare gli artefatti tecnologici, ma di accoglierli all’interno del nostro corpo, un corpo che si lascia invadere dalla nuove tecnologie in maniera piacevole diventando l’habitat di queste, generando quindi una nuova realtà antropocentrica. Il corpo diventa obsoleto! Rappresenta un contenitore, è incapace di soddisfare la nostre aspettative legate alle immagini che abbiamo creato di esso. Le nuove tecnologie si trasformano quindi in componenti del corpo.
Il corpo sente l’esigenza di munirsi di protesi e di artefatti perché vuole rendere più semplice la propria esistenza.
A tal proposito credo che il pensiero di Heidegger che riporto qui sia estremamente significativo: “Ciò che è veramente inquietante non è che il mondo si trasformi in un completo dominio della tecnica. Di gran lunga più inquietante è che l’uomo non è affatto preparato a questo radicale mutamento del mondo. Di gran lunga più inquietante è che non siamo ancora capaci di raggiungere, attraverso un pensiero mediante, un confronto adeguato con ciò che sta realmente emergendo nella nostra epoca.” M. Heidegger.
La tecnica fa talmente parte della nostra esistenza che ormai tentiamo di modificare anche il nostro corpo per essere “al passo con i tempi” per essere più efficienti, ma questa mi sembra una deriva decisamente pericolosa, per cui è assolutamente necessaria una riflessione ampia su questo tema!
Granelli – Il se digitale –
La tecnologia sta modificando il corpo umano e sta trasformando le azioni della vita quotidiana, sta influenzando profondamente l’uomo a livello psicologico, fisico e culturale.
Il problema è capire se la tecnologia potenzia o atrofizza le capacità dell’uomo.
L’uomo ha dei limiti, per cui la tecnologia si sviluppa per poter fare di più, meglio e con minore fatica. La tecnica formata dall’insieme di tecnologie e razionalità, viene usata come rimedio alla insufficienza biologica dell’uomo.
Per Popitz (post-umanista) la tecnologia non ha supplito a mancanze biologiche, piuttosto ha ampliato il campo di intervento dell’uomo.
Per Abram il progresso tecnico ha isolato l’uomo rendendolo inconsapevole di essere in un mondo senziente. La tecnologia quindi, se mal impiegata atrofizza i nostri sensi e riduce le capacità sensoriali su cui si costruiscono le relazioni umane.
Clark nel suo “Cyborg nati” ci dice che siamo programmati dalla nascita per essere pronti ad elaborare tecnologie sofisticate, infatti man mano che le tecnologie diventano user-sensitive si integrano maggiormente con l’uomo e le sue funzionalità
Insomma se penso a quanto siamo dentro a questo sistema mi sembra assurdo riuscire a pensare di vivere senza tutto questo, eppure resto spaventata da quanti danni possa fare. Non riesco a capire quanto la tecnologia possa potenziare o atrofizzare realmente le capacità dell’uomo.
Direi che potenzia rispetto alle prestazioni, ma che atrofizza rispetto al livello emozionale!
Credo però che questa posizione sia riduttiva e che per avere un quadro più completo dobbiamo far riferimento a quella Psicologia dell’azione di cui ci parla Galimberti e che mira ad evitare di essere dominati dalla tecnica che oggi costituisce l’ambiente che ci circonda. Secondo Galimberti l’uomo deve rivedere i concetti di natura, di individuo, identità, libertà, verità, senso, estetica, politica, storia e religione, tali concetti vanno ripensati e riesaminati ogni nuovo tempo. Mi sembra che possa essere questa la chiave di volta per dirimere la questione.