Durante il dibattito sono emersi molteplici tipi di stereotipi.
Ad esempio si è parlato del tipo di stereotipo della donna bellissima, perfetta e soprattutto magrissima, che spesso compare in televisione.
Questo è diventato, purtroppo, il “modello” di donna al quale si aspira di più.
Ad esempio, il palcoscenico di “Miss Italia”, ospita una sfilata di donne uniformate tutte allo stesso modello: non sembra esserci scampo. O sei come loro, o non riesci ad identificarti con nessuna.
Se ci si lascia incastrare in questi pericolosi meccanismi seduttivi dei mass media, si rischia di non riconoscere più la propria e personale “bellezza” e si rincorre, con tutti i mezzi, un modello distante e spesso artificiale.
Il prezzo che si paga per il raggiungimento di un tale obbiettivo è spesso altissimo e può compromettere la salute fisica e psichica.
Si pensi ai fenomeni di bulimia, anoressia e, soprattutto, depressione legata all'insoddisfazione, al non piacersi, al non stimarsi.
Un altro tema che è emerso durante il dibattito, è quello dell'abbigliamento, soprattutto per quanto riguarda le marche.
In generale, la società dei consumi tende, per il proprio tornaconto, ad intrappolarci in categorie.
Le categorie sono molte, tanto che è difficile restarne fuori.
L'uomo non sembra più libero; ad esempio, qualsiasi cosa indossa può farlo etichettare secondo una di queste.
Emo, metallari, punk e truzzi, sono solo un piccolo esempio di queste categorie.
Nel linguaggio giovanile, il truzzo è il figlio di papà che non lotta mai per niente nella vita. I suoi unici interessi sono quelli di vestirsi con abiti firmati e super-costosi, di andare in discoteca con gli amici, di mettersi nei guai anche a livello illegale per attirare l'attenzione.
Qual ora, in un gruppo truzzo, vi comparisse un individuo con caratteristiche differenti esso verrebbe subito estraniato.
Questo vale anche per le altre categorie.
È comunque complicato fare una ricerca approfondita su queste categorie.
Le notizie che si trovano su internet sono spesso offensive e non attendibili.
Quello che comunque è certo è che ognuno di questi gruppi decide in qualche modo di “auto-emarginarsi” dagli altri usando come mezzo l'abbigliamento.
La cosa che però mi fa riflettere è questa:
Se una persona indossa anche solo un piccolo particolare dell'abbigliamento di una di queste categorie, è giusto che venga etichettata anche non facendone parte?