Grazie a questa simulazione, ho avuto l'occasione di ascoltare, con le orecchie e con il cuore, poesie che hanno anche fatto scendere una lacrima, oltre che a riflettere su condizioni, stati d'animo ed opinioni degli autori.
Devo anche aggiungere, però, che, per quanto mi riguarda, è venuto a crearsi un clima di diffidenza e paura. Non essendo abituata a non vedere, ho preso la mano della mia compagna per sentirmi più sicura. Non è semplice pensare di essere attornati da persone di cui ci si può fidare. A tal proposito, suppongo che i soggetti non vedenti abbiano a che fare anche con questa “barriera”, oltre a quelle più comuni che saltano all'occhio della persona “normale”.
Per quanto concerne le poesie, come ho già detto in aula, mi hanno colpito maggiormente i versi
<< Forse usate chiamare gli altri:
“portatore di occhi castani” oppure “inabile a cantare”?
o ancora: “miope” oppure “presbite”? >>
della poesia “Chiamatemi per nome” in quanto trovo appropriatissime queste frasi che hanno un suono “particolare”. A mio avviso, così come queste ultime ci giungono alle orecchie come, appunto, non normali, così parole come “disabile”, “portatore di handicap”, etc... dovrebbero avere lo stesso effetto. Ogni soggetto è a se' stante, tutte le persone sono differenti caratterialmente, fisicamente ed esteticamente. Diverso, quindi, non è colui il quale non cammina, non vede o non parla. Bisogna integrare tutti allo stesso modo, in quanto tutti siamo “persone”, cercando di non cadere in una mera tolleranza.