Io ho pensato di portare nel forum questa fiaba,che ho avuto il piacere di leggere su internet,un pò particolare perchè tratta di uno dei temi di cui abbiamo parlato tanto nel forum e durante i laboratori in aula:la diversità.
Spero che vi piaccia.
" C’era una volta una piccola città, arricchita dalla bellezza di mare, laghi e montagne, che viveva da millenni indisturbata…Ma un bel dì, qualcosa cambiò… Sembrava un giorno come tanti altri, il sole si era appena levato per scandire il dono di un nuovo giorno, prati, monti, mari, persone, automobili, case, strade, semafori e tutto ciò che riempie il mondo intero era ancora una volta presente e pronto a funzionare.
Proprio davanti alla fabbrica dei biscotti, come ogni mattina, il solito gruppo di persone attendeva l’autobus con destinazione lavoro. Ognuno si dava un gran da fare per ammazzare il tempo, ma quella mattina l'attesa appariva molto più lunga del solito. In effetti, da circa un’ora, in entrambe le direzioni di marcia non circolava alcun mezzo di trasporto… Neanche il tempo di sentire i primi borbottii, un attimo dopo si apprese la notizia che la circolazione era stata bloccata da una manifestazione popolare! Tutta la gente di quel posto si era raccolta nel punto nevralgico della città, il punto centrale, lo snodo principale. Il motivo per il quale le masse adirate si erano riversate per strada era, niente poco di meno che, la voglia di ribellarsi una volta e per sempre, con tutte le forze ed armi, alla massiccia e progressiva presenza di gente troppo diversa tra loro; diversa per ideologia politica, religione, integrità morale, onestà, ambizioni e sogni, colore della pelle, dei capelli, degli occhi, dei vestiti, delle scarpe ed ancora diversa per età, sesso, altezza, peso, lunghezza dei capelli e delle unghie (dei piedi e delle mani), diversa per lingua parlata, per i gradi della vista, per il tipo d'automobile, casa (in montagna, in città ed al mare) bicicletta, motorino, occhiali, orologi, telefonini, fax, computer, televisori, radio, cappelli, sciarpe e guanti. I cori di protesta, gli striscioni e le bandiere sembravano essere l'espressione univoca di un unico e corale disagio: l'estrema diversità che caratterizzava la vita di quella città, una diversità che ogni giorno minava l'ordine, la precisione, l'omogeneità, il prodotto tipico, la lingua ed il dialetto locale, nonché tutti i sistemi precostituiti! La gente continuava ad urlare: "Basta con la promiscuità, rivogliamo la nostra originale identità". Ed ancora: "Questa terra appartiene a noi, a noi che l'abitavamo prima di voi". La protesta durò mille giorni senza alcun’interruzione, fino a quando il sindaco di quella città, preso dalla disperazione, decise di sfoderare il suo massimo potere e tutta la sua autorità. E così fece! Sceso in piazza, il sindaco convocò tutta la folla di dissenzienti in quel preciso punto e, solo quando tutti furono di fronte ai suoi occhi, diede libero sfogo al suo pensiero: "Carissimi concittadini, siamo qui riuniti per discutere di un problema che affligge tanto voi quanto me. Sino ad oggi, io ho sofferto con voi dello stesso male, ma oggi la vostra insistenza mi spinge ad usare l'ultima arma che è rimasta in mio possesso; la magia! E bene si, io conservo da numerose generazioni una lampada che i miei antenati conquistarono, dopo lunghe e sanguinose battaglie, nel lontano oriente. Questa lampada d'oro, ricoperta di pietre preziose, ha la capacità di esaudire un unico desiderio ed è proprio in funzione di questa unicità che io l'ho riservata per un'occasione speciale. Quale occasione migliore di questa? E sia così, da oggi in poi regni nella nostra città l'ordine, la precisione, l'omogeneità, il prodotto tipico, la lingua ed il dialetto locale, nonché tutti i sistemi precostituiti. Ed, a scanso d'equivoci, sia la vita stessa di questa città, l'espressione univoca di un'unica ed inconfondibile realtà, senza sfumature né varianti alcune che ne mettano in discussione la qualità". Nell'istante in cui il sindaco pronunciò la sua ultima parola, si udì l'enorme boato della folla soddisfatta e consenziente che, in segno d'approvazione e ringraziamento, rimase in piazza ad applaudire il sindaco per altri mille giorni, al termine dei quali i cittadini presenti cominciarono a guardarsi attorno. Non ci crederete, ma quello che scoprirono li lasciò attoniti! Tutto ciò che li circondava, loro stessi, i loro abiti, i loro pensieri, le loro parole, i loro cartelli, le loro bandiere e tutte le bottiglie di spumante che avevano acquistato (per festeggiare il lieto evento) avevano assunto il medesimo colore: IL BIANCO! D'un sol colpo, la disperazione raggiunse i massimi livelli; nessuno riusciva a scrivere una sola riga, semplicemente perché non era più possibile mettere nero su bianco, ma solo e soltanto bianco su bianco…Nessuno era più in grado di fare ritorno a casa, poiché era praticamente impossibile distinguere, strade, case, macchine, autobus, persone, prati, mari, montagne, semafori (per cui gli incidenti si susseguivano a catena), cibo ed acqua (per cui nutrirsi era un'impresa impossibile). A questo punto della storia, ognuno si ritrovò solo con se stesso e con un'unica possibilità di sopravvivenza; spostarsi, con enorme fatica e sacrificio, verso le città ed i luoghi limitrofi dov'era rimasto un po’ di colore. Non tutti ce la fecero ed i pochi superstiti furono costretti a subire per lunghi anni la derisione altrui, poiché ogni volta che uno di loro raggiungeva una delle città colorate era subito individuato come L'UOMO BIANCO! Negli anni a venire, l'uomo bianco seppe integrarsi nelle città colorate che, al di là dell'iniziale derisione, si mostrarono calde, accoglienti e pronte a scoprire la valenza del bianco che, come tutti gli altri colori, rappresentava una ricchezza essenziale per la ricostruzione del tesoro umano. Che io sappia, da quel giorno in poi nessun uomo più osò protestare né si ribellò al naturale e prezioso valore della diversità. mariano de mattia"