Ragazzi disabili, la scuola non è più un diritto
di Maria Novella de Luca, da la Repubblica
ROMA – Ogni ora tagliata è un salto all’indietro. Ogni insegnante che se ne va un trauma psicologico difficile da ricostruire. Come una barriera architettonica che non si riesce mai ad abbattere, perché per loro, i bambini e i ragazzi H (così la scuola ancora li definisce) la vita in Italia si è fatta davvero dura. Si chiamano Valerio, Giulia, Martina, Claudia, Adele, hanno dai 4 ai 18 anni, hanno disabilità diverse, e abitano in ogni luogo d’Italia. Da quest’anno, con i tagli della riforma Gelmini, hanno perso la metà dei loro diritti: ore di sostegno dimezzate, assistenza inesistente, accesso allo studio, di fatto, negato. Parliamo di studenti disabili, vittime del taglio degli insegnanti di sostegno, la faccia più oscura e dolorosa della scuola senza più fondi, dove spesso non c’è più nessuno che accompagni al bagno il piccolo con handicap, nessuno che lo sorvegli, e dove anche 5 o 6 alunni disabili vengono concentrati in un sola classe. Dove, denuncia Alessandra Corradi, una mamma di Verona con un bimbo di 4 anni, cieco e con una grave tetraparesi, “sono tornati gli stanzini H”. “Spesso mio figlio, con la scusa di proteggerlo dalla confusione, veniva portato in una classe a parte, lui da solo, senza gli altri bambini… Vi sembra integrazione questa?”.
I dati dell’anno 2009/2010 segnalano un taglio di circa 500 insegnanti di sostegno con un aumento però di oltre 4000 ragazzi disabili. Questo vuol dire, spiega Giuseppe Argiolas, docente all’Istituto “Colli Vignarelli” di Sanluri, in Sardegna, “che la maggioranza dei ragazzi e dei bambini disabili che ieri avevano diritto a 18 ore di sostegno alla settimana, oggi arriva a malapena a nove”. Con conseguenze spesso gravissime per le vite di studenti, che con enormi sforzi e pazienza conquistano pezzetti di autonomia e abilità. “Anche in questo istituto, da sempre all’avanguardia nell’integrazione e nel processo formativo dei giovani con disabilità, oggi c’è una prima superiore con addirittura sei ragazzi con seri handicap riuniti tutti insieme, mentre per il buon andamento della classe, per il successo sia loro che dei ragazzi normodotati non dovrebbero essere più di due. Ma qual è il disegno? Tornare alle classi differenziali?”. Il risultato è una pioggia di ricorsi che si è abbattuta sui tribunali regionali di tutta Italia, da parte di famiglie che chiedono, e spesso ottengono, che per i loro figli, vengano ripristinate le ore di lezione legittime.
Una battaglia di raccomandate e carte bollate, come quella che ha intrapreso Marisa Melis, mamma di Martina, che ha 14 anni, una grave malformazione cerebrale, ma una fantastica voglia di vivere e di imparare. Grazie agli sforzi fin qui fatti dalla famiglia e dagli insegnanti Martina fa equitazione, è cintura marrone di karate, partecipa ai campi Scout, legge e scrive bene, ma ha bisogno di continuo appoggio e di percorsi personalizzati. “Invece da quest’anno Martina ha il sostegno soltanto per nove ore alla settimana, contro le 18 dell’anno scorso. Ho protestato con la dirigente, con il ministero, ma non ho ottenuto niente. Se Martina non viene stimolata, seguita, ogni volta si torna indietro, ogni successo di questi bambini è figlio di sforzi enormi… Così ho deciso di fare ricorso al Tar e in questi giorni arriverà la sentenza”.
Storie di sfide quotidiane, vissute in silenzio, l’Italia è uno dei paesi d’Europa che destina meno risorse alla cura e allo sviluppo delle persone con handicap. Giulia Dolcetti ha 45 anni, è un’insegnante di sostegno precaria che quest’anno ha perso il posto. “Ma la vittima di questo taglio – racconta Giulia – non sono soltanto io, ma anche un bambino di 9 anni che si chiama Pietro. La sua diagnosi? Grave disturbo pervasivo dello sviluppo. Autismo. Pietro non parla, ma capisce tutto, comunica con il computer, scia e nuota come un campione. L’ho seguito per tre anni, avevamo un rapporto forte e bellissimo: oggi Pietro a scuola non ci vuole più andare. A novembre non gli è stata ancora assegnata un’insegnante di sostegno, e senza di me sembra aver perso il suo legame sia con i compagni che con lo studio… Ma che Stato è questo che punisce i più deboli?”.
La guerra dei ricorsi è soltanto all’inizio. E se in Sardegna una mamma passa tutta la sua giornata davanti alla scuola del figlio, affetto da autismo per “tradurre” ai prof che cosa vuol dire il ragazzo, Alessandra Corradi, mamma di un piccolo tetraplegico, spiega in poche parole cosa vuol dire disinteresse. “A mio figlio, cieco fin dalla nascita, le maestre in classe chiedevano: “La vedi quella cosa lì?”. La stessa insegnate di sostegno ha confessato che per lei il mio bambino era troppo grave… Per fortuna il Comune ci ha assegnato una “lettrice”, che con la musicoterapia e l’ascolto delle fiabe stimola il suo udito e le sue abilità. E quando c’è lei mio figlio cambia, sorride, non è più triste”.
(ha collaborato Salvo Intravaia)
Leggendo questo articolo la prima cosa a cui ho pensato è stato lo stato d'animo delle mamme che già per loro è durissima accettare la disabilità e la vita quotidiana dei propri figli ma poi anche subire la poca assistenza che gli viene dedicata... è mortificante!
Assurdo è stato leggere il fatto che cinque,sei ragazzi disabili venivano depositati in una sola classe ed una mamma denuncia proprio il fatto che suo figlio affetto da cecità veniva portato in una classe a parte,da solo senza altri bambini con la scusa di proteggerlo dalla confusione...
Io non ho parole..non so con quale coraggio facciano questo anche perchè sono questi bambini che dovrebbero avere la priorità prima di tutti..creare un canale comunicativo con loro è un successo perchè questi bambini sono felici quando riescono ad esprimersi..credo proprio che si possa sentire la loro felicità,come tra l'altro anche per i bambini normodotati introversi,chiusi,che hanno vergogna di esprimersi o che in classe non riescono a relazionarsi con altri bambini ma che poi col tempo hanno dei progressi, anche loro sono felici quindi non è un impresa impossibile per cui devono essere portati tutti su uno stesso piano di pari opportunità.
Spero tanto in un futuro di avvicinarmi in modo pratico a questo campo!
Colgo l'occasione prof per farle i miei complimenti per questo corso,ne sono veramente contenta di averlo seguito pechè oltre ad essere stato interessante abbiamo anche avuto modo di dialogare anche se non sempre fisicamente ma grazie al forum avendo così potuto dare e ricevere qualcosa.