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La tecnologia è una disciplina che consente la ricerca e lo sviluppo dei processi produttivi. Si occupa dello studio dei procedimenti e delle attrezzature necessarie per la trasformazione di una materia prima in un prodotto industriale. Grazie alla tecnologia c’è stato un forte incremento della produzione, in quanto il lavoro umano è stato ridotto a vantaggio della velocità delle macchine, che eseguono il lavoro in meno tempo. Questo processo tecnologico ha migliorato notevolmente anche il tenore di vita delle persone. Possiamo dire ormai che la tecnologia ha invaso e ha migliorato qualsiasi ramo della realtà: dalla medicina alla comunicazione, dalla scuola ai trasporti. Negli ultimi anni , la tecnologia ha fatto notevoli passi da giganti nel migliorare le condizione di chi, purtroppo, è più sfortunato di noi. La tecnologia e il disabile: un nuovo binomio che si sta ingrandendo velocemente, che suscita interesse. In questo mondo, in cui ognuno pensa solo a se stesso, e cerca di evitare delle situazioni che possono comprometterlo, è incredibilmente toccante vedere una persona aiutare un’altra che grida tutto il suo bisogno di aiuto. E questo aiuto può essere dato da chi ha un cuore grande cosi e supportato dalla tecnologia, che velocemente offre sempre nuove soluzioni e maggiori confort. Questa forza scoperta dalla uomo agevola notevolmente i disabili, facendogli compiere dei movimenti che da soli non riuscirebbero a fare, oppure va a sostituire, a volte, la figura del terapista, che non è più costretto a far fare al paziente movimenti lunghi e ripetitivi, perché c’è la macchina che lo fa al posto suo. Uno dei tanti limiti della tecnologia che avanza è il costo. Queste nuovissime macchine sono ultrà costose e, molto spesso sono poco accessibili. Quindi, molto spesso, dai mass media si ascoltano notizie che riguardano la creazione di macchine super tecnologiche e sofisticate, ma molto esose, col rischio che il lavoro di molti anni venga accantonato, non per la sua inefficienza ma per il costo elevato che comporta. È si buono il progresso, ma deve essere per tutti.
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Il libro “La terza nazione del mondo” è un’occasione da parte dell’autore di spiegarci in modo semplice e diretto il mondo della disabilità. L’autore Schianchi si avventura in un lungo viaggio antropologico, storico, psicologico, culturale raccontando l’evoluzione del concetto delle disabilità attraverso le differenti civiltà. Ma anche cercando di immaginare il futuro dell’uomo, con la presenza di cyborg, uomini con protesi, partendo dall’idea che già oggi le tecnologie sono entrate nel corpo umano. La disabilità è per me un argomento difficile da trattare, in quanto non riesco a vedere dal punto di vista del disabile il mondo. Eppure la disabilità è sotto i miei occhi, e nonostante ciò non riesco ad affrontarla in modo da conoscerla meglio. Nonostante questo mio limite mi accorgo che c’è chi lavora per la disabilità in silenzio, nascondendo il lavoro agli altri, ottenendo dei risultati strabilianti. Questi uomini non hanno nulla di diverso da me, da noi, ciò nonostante affrontano questo lavoro con semplicità e apertura di cuore.
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Notizie appunto che ci vengono date da qualsiasi luogo, ed in qualsiasi istante della giornata. Non a caso la nostra società si basa sull’informazione e la conoscenza. Per questo motivo anche l’informazione ha bisogno della tecnologia per trasmettere, conservare e creare le informazioni. L’accesso alla tecnologia acquista un ruolo molto importante nel modo di vivere odierno, anche per chi come deboli, anziani e disabili, rappresentano un gruppo di cittadini che vanno contemplati per migliorare e sviluppare la società. Però le tecnologie dell’informazione da un lato rendono possibile l’accesso a quanto prima non lo era, dall’altro possono generare nuovi problemi agli stessi. Il pericolo che questi possano essere esclusi dalla società tecnologica è molto alto, per questo motivo l’Europa ed il Governo hanno lo stesso obiettivo: la società tecnologica deve essere per tutti. Il settore pubblico e quello privato possono dare una mano per promuovere lo sviluppo di una società basata sull’informazione veramente aperta ad ognuno di noi.
La rivoluzione digitale, può essere davvero per tutti? La tecnologia è uno strumento in grado di assicurare e valorizzare le capacità residue dei disabili, ma anche per sopperire a delle mancanze. Non è chiaro come un gruppo di cittadini possa acquisire non solo la piena consapevolezza delle potenzialità della tecnologia ma possa usufruirne in pieno. Anche se viviamo completamente nell’era digitale, fatta soprattutto di computer ed internet, esistono ancora dei fattori socio – demografici come il titolo di studio, l’età, e il reddito, che influiscono in maniera determinante nell’adozione e nella diffusione delle nuove tecnologie,e nel loro uso. Le tecnologie dette assistive possono compensare specifiche disabilità, innate od acquisite, e sono molto utilizzate come strumento riabilitativo e di compensazione delle abilità residue. La tecnologia può servire per due scopi principali: nel caso in cui la disabilità è di tipo fisica sensoriale, il computer è un ausilio che consente di svolgere alcune funzioni che sarebbero precluse, sono una sorta di protesi che permette di sopperire ad una funzione organica compromessa Nel caso in cui la disabilità è di tipo mentale, è invece chi assiste che deve servirsi del’ausilio per integrare con lui. Ma se da un lato l’informatica e la telematica offrono moltissime soluzioni per valorizzare persone disabili, allo stesso modo posso far crescere nuove barrire dall’altro. Da notare che le tecnologie producono i loro prodotti solo per una parte dei cittadini, i normodotati, mentre gli utenti con bisogni differenti devono adeguarsi a loro, anziché la tecnologia risponda alle loro esigenze: da cui barriere virtuali uguali a barriere architettoniche. Infatti molti prodotti tecnologici standard non tengono conto dei bisogni del disabile. Queste difficoltà possono essere evitate nello sviluppo del prodotto, cioè se sono sviluppate secondo criteri che permettono a tutti di utilizzarle. Quindi per non fare accadere ciò bisogna essere molto accorti negli accorgimenti che permettano anche ai disabili di superare le proprie difficoltà senza crearne dei nuovi. Lo stesso dicasi per il mondo di Internet, che si può essere una fonte inesauribile di notizie, i comunicazione, di collegamento col mondo, ma allo stesso modo può diventare una nuova forma di esclusione per chi non ha a sua disposizione tutti i mezzi, soprattutto fisici, per usare la rete. Per far si che tutti possono utilizzarlo, sono nate varie iniziative che mirano ad individuare e suggerire criteri di realizzazione dei siti web tali da permettere la fruizione delle informazioni, in esse contenute, indipendentemente dalle disabilità eventuali presenti nel soggetto. Anche gli anziani, sempre più esclusi da questo mondo tecnologico e digitale, hanno gli stessi problemi di un disabile, oltre alla senilità emergono nuove barriere, come i costi alti per acquisire queste macchine, e quindi il vecchietto di turno, preferisce rimanere arretrato tecnologicamente, piuttosto che non mangiare per un mese
Costruire il tecnologico, che sia accessibile a tutti, e anche chi è disabile deve poter a per usare. Sinteticamente questo dovrebbe essere il promemoria di costruisce le macchine tecnologiche. Ma allora se è così evidente questo problema, cioè tutto deve essere fatto in funzione di tutti, perché non si fa? Penso che sia un problema di volontà, modificare una linea di produzione, portando dei miglioramenti che siano per ognuno di noi non è facile, anche perché si entrerebbe in un circolo vizioso, come si dice che la vorrebbe in un modo e chi in un'altra. Sia una questione di tempo e di costo, perché allo stesso modo un cambiamento porta inesorabilmente un aumento del tempo di produzione e un innalzamento dei costi. Da qui il circolo vizioso, da cui non si uscirebbe: facciamo una cosa che sia per tutti, ma che in realtà è accessibile solo a chi soldi. In conclusione, si cerca di costruire un livello base, che diciamo accontenta un po’ tutti quelli che la usano
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Fin qui abbiamo visto la tecnologia come aiuto all’uomo: protesi per farlo muovere, assistenza attraverso i computer per avere comunicazioni con il mondo … . Ma la tecnologia se usata in maniera errata può causare dei gravissimi problemi sia di tipo sociale che giuridico penale. La tecnologia deve andare oltre i confini dell’uomo? Si può partire dalla vista, ad esempio, per poi giungere, addirittura, ad essere sostituiti direttamente da una macchina, cioè la tecnologia porta dei miglioramenti, ma non deve assolutamente sostituirsi all’uomo. Immaginando addirittura un mondo fatto da cyborg, dove non si cureranno più le malattie, ma si troveranno delle apparecchiature per riprogrammarci, per migliorare la nostra parte tecnologica. Come ad esempio il signor Warwick, normodotato, che si è fatto installare un microcip nel braccio, per controllare a distanza il sistema informatizzato della sua abitazione e del suo ufficio. È come dire: se io volessi domani, un giorno, diventare un super uomo, con pistole sotto pelle, occhi laser, potrei farlo tranquillamente. Quindi fino a che punto l’integrazione uomo macchina non altera l’identità della PERSONA? Quale parte del nostro corpo non potrà mai essere sostituita, pena la perdita della natura umana? Sta allora alla persona stessa, farsi che questo sempre più sottile limite non venga superato, altrimenti basterebbe un capriccio, per ritrovarci tutti superman. Questo limite è tenuto, per fortuna, saldamente in mano dalla legge, in quanto “se il trattamento umano tende a fare diventare l’uomo una macchina, violandone l’intima natura, esso diviene illegittimo, sanzionabile”. Il valore della persona è assoluto, quindi non possiamo far si che il rapporto uomo e tecnologia diventi cosi sottile fino all’estinzione come essere dotati di un corpo materiale. L’intervento sanitario è accettato per l’impianto utile e per colmare carenze, ma non per potenziare le proprie capacità rendendole maggiori rispetto a quelle della generalità. Bisogna far si che non si cada nella tentazione di considerare lecito e meritevole ogni intervento possibile: individuando i valori e le norme che guidino l’intervento della scienza e della tecnologia sulla vita e sulla biosfera, evitare interventi manipolativi su una realtà alla quale non si riconosce la natura umana, prestare attenzione alla tentazione di intervenire in forma sempre più invasiva ed artificiale, sulla vita umana. Bisogna tutelare la dignità dell’uomo ed evitare di dar vita ad una onnipotenza biotecnologica.
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Ma nonostante questi pericoli la tecnologia ci piace perché migliora la nostra vita. Guardandoci intorno, non c’è un angolo in cui non ci sia della tecnologia: computer, internet, impianti satellitari, digitali terrestre. Vedendo con più attenzione, quasi volendo cercare qualcosa di non visibile, si arriva a notare che la tecnologia migliora il mondo anche dei disabili. Si pensi alle sedie a rotella: sempre più precise, più colorate, piene di computerini che seguono dei comandi in maniera precisa e repentina. Ci sono quelle: leggere, a spinta, elettriche, a motore, pieghevoli … tutte con una caratteristica, rendere meno difficile possibile lo spostamento di chi per sfortuna, non può farlo con le proprie gambe. Per quelle più costose basta un tasto per: muoversi in avanti o frenare, alzare un po’ lo schienale. In questo modo, il disabile, riesce da solo a fare cose, che prima non riusciva in quella particolare condizione. Oltre a queste carrozzine, sta crescendo anche il numero delle macchine che sono adibite sia al trasporto delle persone disabile, ma che addirittura permettono a quest’ultimi di guidare. Doppi manubri, per guidare con più facilità, pedali con placche particolari per frenare meglio, freni controllati da un computer collegato al guidatore, che raccoglie i suoi pensieri per trasformarli in movimenti meccanici.
Anche nel mondo della motorizzazione, negli ultimi anni, si sono fatti passi da giganti, in quanto, capita di vedere delle persone con problemi di disabilità, alla guida di macchine altamente tecnologiche. Ma questa possibilità che si da ai disabili è una cosa morale? È una cosa corretta, o può essere un fattore maggiore di pericolo? Partendo da ciò che ho visto, posso dire che dipende un po’ anche dalla disabilità. Chi ha dei gravi problemi alle mani, che non riuscirebbe nemmeno a tener in mano un volante, non so se sia giusto dargli questa possibilità. Se invece il disabile, ha dei problemi agli arti inferiori, questa opportunità sia giusta concederla. Nel mio paese, in provincia di Salerno, ci sono un paio di casi che porto come esempio. Entrambi sono due amici, entrambi costretti alla sedia a rotelle, ma che hanno due macchine per spostarsi differenti. Il primo è un uomo sposato, con un figlio che lo aiuta a scendere e a salire dalla macchina, una punto fiat, che ha dei pedali particolari, che possono essere azionati anche con poca forza o con l’aiuto di leve azionate da braccia. Il secondo è un ragazzo un po’ più grande di me, e viaggia su una panda fiat, con motore semi – elettrico, che viene azionato premendo una tastiera radiocomandata, senza pedali.
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Fondamentale, come sempre, risulta essere un fattore che il più delle volte viene trascurato: l’educazione. Possiamo costruire la più bella cosa al mondo, piena di super accessori, con tutti i confort possibili ed immaginabili, ma se non la sappiamo usare, non sapremo cosa farcene. Un po’ la stessa cosa accade per la tecnologia. Un vecchietto con un problema all’udito, va in un negozio e compra un apparecchio che lo faccia sentire meglio. Tutto contento torna a casa, prende l’apparecchio, e subito inizia ad ascoltare, cosa che prima non riusciva ad udire. Ma in pochi secondi si sbarazza dell’ apparecchio, perché gli arrivano tantissimi rumori che lo disorientano. Quindi occorre qualcuno che gli spieghi, che gli insegni ad usare la protesi acustica, per scegliere quali rumori ascoltare, e quali non prendere nemmeno in considerazione. Allo stesso modo questa educazione deve essere data a chi è disabile. Infatti, molte volte non lo facciamo, perché pensiamo di sostituirci al disabile, cioè, di riuscire ad entrare nel suo cervello e capire quello che gli succede. Ma non c’è niente di più sbagliato. Perché si potrebbe essere d’aiuto, ma non sempre quell’aiuto serve in quel momento preciso. Potrebbe essere anche il miglior consiglio, il più dettagliato, ma se non serve in quel momento al disabile, creerebbe solamente confusione.
La tecnologia e la disabilità fisica sono due temi attuali che stanno facendo aprire gli occhi ad due mondi che non si conoscono abbastanza e che non vengono studiati abbastanza. Come ho ripetuto, la tecnologia è ovunque, siamo noi la tecnologia, che con le nostre idee vogliamo e cerchiamo di migliorare il mondo, per renderlo come noi lo vogliamo. E la disabilità, questo vero e proprio popolo che, un po’ come la tecnologia, e sempre più sotto i nostri occhi. Ma chi più e chi meno se ne accorge. Ma io cosa penso di queste due fette della realtà? La tecnologia è una cosa che mi affascina. Anche se ne conoscono una piccola parte, con quella parte la considero fondamentale. Internet, i computer, il cellulare. Apparecchi, anche se un po’ obsoleti, comunque mi permettono di chiamare qualcuno che è lontano, di leggere notizie sul mondo, di conoscere, di giocare e perché no studiare. La disabilità è un argomento difficile e ben più complesso rispetto alla tecnologia, perché si tratta di persone, di uomini, che vivono ogni giorno con i loro problemi, le loro difficoltà. Ma nonostante tutto non si fermano, vanno avanti. Ogni giorno una continua lotta, un continuo dire “io ci sono, e nonostante tutto, anche oggi voglio esserci al meglio”. E questa frase che deve far pensare. Ma noi viviamo cono lo stesso entusiasmo, con la stessa voglia, con la stessa passione che dimostrano loro ogni giorno? Non sempre, perché di fronte ad un problema semplice, non lo affrontiamo, ma cerchiamo di girarci intorno, facendo così ogni volta, che quel problema ritorna. Non abbiamo sempre il coraggio di prendere la vita come la prendono loro, che nonostante le immense difficoltà hanno sempre un sorriso grande cosi.
Punzi Christian